Recensione – Il Faro di Felicita di Enrico Carbucicchio
Il Faro di Felicita di Enrico Carbucicchio è un romanzo di formazione delicato e luminoso, capace di affrontare temi profondi attraverso una storia intima e intensa. La protagonista è una giovane donna che, nel pieno della sua crescita e dei suoi interrogativi esistenziali, cerca risposte sul proprio passato e sulla propria identità. Il dubbio che la accompagna – quello di non sapere chi sia sua madre – la spinge a cercare un punto fermo, un luogo simbolico dove trovare pace e orientamento.
Questo approdo lo trova in un faro: una costruzione antica, apparentemente muta e spenta, che diventa però per lei una presenza viva, una guida silenziosa capace di offrirle rifugio nei momenti più bui. Il faro diventa metafora di un richiamo interiore, di una luce che forse non brilla più all’esterno, ma che continua a illuminare dentro chi sa ascoltarla.
Carbucicchio costruisce attorno a questo simbolo un intreccio narrativo ricco di incontri, domande, emozioni sincere. I personaggi che la protagonista incontra lungo il suo cammino emergono come figure quasi archetipiche, rappresentanti di epoche, luoghi e vissuti che si intrecciano con il suo percorso. Attraverso di loro, e attraverso se stessa, la protagonista impara a riconoscere ciò che aveva dimenticato o creduto perduto.
Il romanzo è attraversato anche da una colonna sonora speciale: la musica pop, cantata, vissuta, ricordata. Non solo come sfondo, ma come elemento che accompagna e amplifica le emozioni, creando un insieme di contrasti armonici che rimandano a fasi della vita nostalgiche ma ancora piene di verità.
Con uno stile colloquiale ma profondo, Il Faro di Felicita riesce a parlare al lettore con sincerità, guidandolo attraverso un viaggio interiore alla ricerca di sé. Una storia di musica e d’amore, ma soprattutto una storia di rinascita.
Un romanzo che invita a guardare dentro, a non temere le ombre, e a riconoscere la luce — anche quando sembra essersi spenta.







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