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martedì 23 settembre 2014

AL VIA "CAVALLI E PROFUMO DI MOSTO" A MEDEAZZA DAL 3 AL 5 DI OTTOBRE










DOMENICA 11.30 PRESENTAZIONE MOSTRA E CONCERTO DEL CORO S.IGNAZIO 
PRESSO LA STAZIONE 9 - TRATTORIA DA PINO 

















Nel costruire la linea difensiva di massima resistenza contro un’invasione proveniente dalla pianura veneto-friulana, cioè dal Regno d’Italia, gli austroungarici avevano inglobato alcuni caposaldi naturali: il monte Sabotino a guardia della testa di ponte davanti a Gorizia, le quattro cime del San Michele sul Carso, il Kosich e Debeli sopra Monfalcone. Il nome Hermada si affacciò nella cronaca della guerra con la settima battaglia dell’Isonzo (settembre 1916), quando il fronte si spostò appena oltre il vallone, sul Carso di Komen (è il nome del paese più importante che vi si trovava, quello italiano diventò il Carso di Doberdò). Durante la decima battaglia dell’Isonzo, maggio 1917, la fanteria italiana sfondò nel settore di Flondar, giungendo quasi alle case di Medeazza prima di essere fermata dall’artiglieria pesante austroungarica. Il pericolo di aggiramento dell’Hermada era talmente serio che il 4 giugno ci fu un violento contrattacco austriaco che riprese tutte le posizioni perdute. Per l’eroismo dimostrato, l’Imperatore Carlo I° autorizzò le truppe che combattevano da Plezzo al mare a chiamarsi “Isonzo Armèe”; quella modesta catena montuosa divenne, per la stampa italiana e austriaca, l’ultimo baluardo sulla strada per Trieste. La decima battaglia dell’Isonzo fu una delle più volente combattute dai due eserciti. L’undicesima battaglia dell’Isonzo è ricordata come quella della Bainsizza; tuttavia anche da Castagnevizza a San Giovanni di Duino si combatté duramente, senza che agli italiani riuscisse lo sfondamento delle linee nemiche del Fajti Hrib: ancora una volta i cannoni dell’Hermada fecero la differenza.  La consapevolezza di non poter respingere altri assalti italiani portò il comando supremo austriaco a decidere per una manovra diversiva da farsi con l’aiuto degli alleati germanici.  Tale manovra, iniziata nell’ottobre del 1917, è passata alla storia col nome di “Caporetto”.  Con la ritirata della Terza Armata italiana dal Carso al Piave, sull’Hermada ritornò il silenzio e il suo nome scomparve dalle pagine dei giornali. Paolo Antolini 


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