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mercoledì 5 aprile 2017

SABATO E DOMENICA VISITE GUIDATE ALLA GROTTA VALENTINA

 Le Grotte della Grande Guerra nuovamente protagoniste sul Carso. Dopo l’inaugurazione della mostra itinerante di due settimane fa alle Torri di Slivia e alla Grotta Gigante, che ha già riscosso parecchia attenzione e curiosità dei visitatori per “le insolite” immagini dedicate ai soldati della Prima Guerra Mondiale che “vivevano” e si “riparavano” all’interno delle Grotte, sabato 8 e domenica 9 aprile sarà la Grotta Valentina ad essere interessata dall’iniziativa inserita all’interno del Progetto “VOCI DI GUERRA IN TEMPO DI PACE TRA FRONTE  E FOLLIA, DALL’ISONZO AL TAGLIAMENTO” coordinato dal Gruppo Ermada Flavio Vidonis sostenuto dalla Regione Fvg sui Bandi della Grande Guerra.
La mostra, che fa parte del terzo segmento “Acqua e Grotte” del Progetto, ha visto la presentazione in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua a Farra d’Isonzo, l’apertura della esposizione al Castello di Duino “PER NON MORIR DI SETE NELLA GRANDE GUERRA”  dedicata alle Borracce e alle Bottiglie dell’evento bellico, dopo Sgonico e Slivia (che proseguiranno fino a fine giugno),  che non hanno conosciuto formalmente la Grande Guerra,  attraverso il Gruppo Speleologico San Giusto, abbiamo voluto dare la possibilità di conoscere al meglio e da vicino una delle grotte utilizzate dai soldati. Attraverso proprio i soci del Gruppo speleologico "San Giusto" (GSSG),  offriranno la possibilità di visitare la Grotta Valentina di Visogliano completamente illuminata. Cinque visite giornaliere ciascuna della durata di quasi due ore.  Sono previste cinque visite giornaliere, ciascuna della durata di due ore. Le visite inizieranno alle 9.30 e termineranno alle 17.30.
Gli istruttori e le guide del San Giusto saranno a disposizione di chi desidera provare una coinvolgente esperienza da speleologo, ma anche apprendere la geologia delle nostre grotte e le vicissitudini della nostra preistoria, toccare con mano armi, utensili e oggetti di uso quotidiano dell'uomo preistorico vissuto a Visogliano. Prima di entrare, Premiani racconterà quale scenario si presentava agli occhi del primo Homo erectus giunto dall'Africa 400mila anni fa. A quell'epoca, rinoceronti, elefanti e buoi primigeni, ma anche tigri, iene e cervi dalle possenti corna pascolavano indisturbati in quei luoghi. Successivamente, durante l'era glaciale, arrivarono gli Uomini di Neanderthal che vissero nella grotta Pocala. Infine giunsero gli uomini moderni, che abitarono prima nella grotta Azzurra e poi nella grotta Valentina. Rifugio dalle intemperie per i coltivatori e, successivamente, per i militari, durante la Prima Guerra Mondiale, la Grotta Valentina deve il suo nome alla figlia dello scopritore. Nel 1987, infatti, alcuni speleologi del GSSG ebbero la caparbietà di individuare, fra le pietre ammassate sul fondo della caverna iniziale, uno stretto passaggio orizzontale che, improvvisamente dopo pochi metri, si aprì su una galleria che giungeva fino alla sala principale.
 È consigliabile un abbigliamento sportivo di ricambio adatto alla temperatura interna (10 - 12° C). Per prenotazioni e informazioni 333.8389164 o 338.6416973. Consultabile anche il sito www.gssg.it. 

La mostra   presente a Visogliano è un estratto della mostra “LA GALLERIA DI CORNO DI CAVENTO” presente sull’Adamello. L’esistenza della galleria era nota nel mondo storico e alpinistico, ma solo dopo il 2003, anno da ricordarsi per la torrida estate, e negli anni successivi lo spessore del ghiaccio interno della galleria diminuì, permettendo il passaggio, strisciando, all’interno. Dal 2007 al 2010 per iniziativa congiunta della Provincia autonoma di Trento (Soprintendenza per i Beni storico artistici e Servizio Bacini montani), della Società Alpinisti tridentini e delle Guide Alpine, dopo aver sciolto il ghiaccio che colmava l'ipogeo, strutture e reperti di ogni tipo sono stati trovati esattamente come furono lasciati più di novanta anni fa, all'atto della discesa a valle degli ultimi soldati italiani che lo occupavano. Centinaia di reperti, alcuni dei quali di rilevante importanza, sono stati recuperati, catalogati e sistemati nei magazzini provinciali in attesa di una futura collocazione museale. La caverna del Corno di Cavento rappresenta perciò una testimonianza assolutamente eccezionale - a cui è stato dedicato un impegno di mezzi e personale notevole, con una ricerca archeologica e speleologica unica nel suo genere per il periodo storico trattato - e dall’estate 2011, in accordo con gli organi provinciali competenti, è stata resa accessibile con visite guidate che hanno coinvolto anche istituti scolastici e l’alpinismo giovanile.
Dopo l’esperienza in grotta Valentina sarà il 14 di maggio il prossimo appuntamento per poter visitare le Grotte della Grande Guerra in occasione della Marcia sul Kohisce con i Gruppi Speleologici FLondar e Grmada.  Una lunga dorsale costeggia la lunghissima linea delle trincee della Grande Guerra che solcano il lato nord-occidentale  dal Monte Cocco, alla quota 281 (Vrh Grize), alla cima Goljak e al monte Jastreb. Il tracciato incontra anche le grotte della Gavetta e del Pilone, dette anche Karl e Zita, e si chiude tornando al borgo Case Kohisce attraverso sentieri e carrarecce che attraversano la proprietà in direzione nord-sud. Le doline, i passaggi tra le rocce e le grotte naturali dell’altopiano carsico si adattarono perfettamente alle necessità della Grande Guerra. In breve tempo furono così costruite trincee, appostamenti e ricoveri per soldati. Tra l’Ottava e la Decima battaglia dell’Isonzo della prima Guerra Mondiale, l’area fu un baluardo austro-ungarico a difesa di Trieste, e fu inespugnabile per l’esercito italiano. La linea di sbarramento Ermada – Kastagnevizza , con più di 5 Km di sviluppo, si può considerare come la più forte barriera nel settore meridionale dell’altipiano e in quello a mare; era costituita da una trincea con scavo profondo, accompagnata da una linea dei 100 metri quasi ininterrotta. Da qui durante la dodicesima offensiva, le truppe austriache partirono nell’autunno del 1917 determinando la famosa ritirata dell’esercito italiano (Disfatta di Caporetto).
Il Monte Cocco presenta un sistema di bunker parzialmente collegati tra loro da una intricata rete di tunnel: gli spazi, piuttosto angusti, erano costruiti su due piani di cui quello inferiore serviva da posto telefonico e fureria mentre quello superiore, dotato di feritoie verso l’esterno, veniva utilizzato come postazione per gli osservatori. Le Grotte del Pilone - Karl e della Gavetta - Zita sono due caverne utilizzate dall’esercito austro-ungarico. Al loro interno si trovano svariati ripiani collegati da scale dove i soldati potevano trovare riparo dal pericolo.











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